sabato 13 febbraio 2010

13 febbraio 1913: fondazione della Società Antroposofica

La Società Antroposofica venne fondata il 13 febbraio 1913 ed ebbe poi una nuova fondazione dieci anni, dopo a Natale del 1923, nella attuale Società Antroposofica Universale.
La prima volta che Rudolf Steiner si servì del termine “antroposofia” fu nell’anno 1903 quando tenne 27 conferenze sul tema "Da Zaratustra a Nietzsche - Storia dell'evoluzione terrena alla luce delle diverse concezioni del mondo, dall’epoca più antica dell'Oriente fino al presente, o Antroposofia".
Dunque questo termine, ma soprattutto l’esperienza spirituale che esso indica e la cornice spirituale al cui interno tale esperienza avviene, appartiene alla vicenda di Rudolf Steiner fin dalle origini della sua opera pubblica di maestro.
Tuttavia iI suo cammino lo portò in un primo tempo alla Società Teosofica poiché nei primi anni del secolo la cerchia di ascoltatori di Rudolf Steiner era composta principalmente da teosofi, solo di fronte a questo pubblico potè porre le basi della sua attività futura, seguendo la linea delle sue aspirazioni spirituali.
Nell'inverno 1900/1901 egli espose in 27 serate quanto verrà inseguito pubblicato nel libro "I mistici all'alba della vita spirituale dei tempi nuovi e il loro rapporto con la moderna concezione del mondo", mentre nell’inverno successivo, nella stessa sede e di fronte allo stesso pubblico, seguirono altre 25 serate, il cui contenuto è riassunto nel libro "Il cristianesimo come fatto mistico".
Entrambe queste opere appartengono ancora essenzialmente all'«anticamera dell'antroposofia»; da esse risulta tuttavia il modo in cui Steiner contrapponeva coscientemente alla teosofia di derivazione orientale la sua impostazione spirituale entro la vita spirituale europea, nel proseguimento di quanto aveva dato all'Occidente forza e contenuto, ossia il Cristianesimo.

Rudolf Steiner non ammise nulla, ma proprio nulla di quanto derivava esclusivamente dalla tradizione occulta, se non dopo averlo riscoperto egli stesso attraverso la propria indagine. In tale indagine egli non permise alcuna imprecisione, esigendo per la disciplina della ricerca lo stesso rigore elaborato dalla scienza occiden­tale per tutti gli altri campi. Per rendere comprensibili le sue idee, Steiner si servì, nei primi anni dopo il 1902 e seppure con riserva, della terminologia teosofica e orientale, cercando tuttavia successivamente di sosti­tuire le espressioni orientali con parole nuove e più confacenti alla coscienza moderna.
La differenza decisiva, che condusse negli anni 1912/1913 ad una rottura definitiva con la Teosofia di derivazione indiana ed inglese, stava proprio nella posizione di Steiner rispetto al Cristianesimo. Nonostante il rifiuto, talvolta radicale, delle forme storiche e dei dogmi delle varie chiese, Rudolf Steiner vide per tutta la vita in Gesù Cristo e nell'”evento del Golgota” il fatto centrale della storia della Terra e dell'umanità. Tale visione era completamente estranea ai teosofi che vedevano nella sintesi generica di tutte le religioni e di tutte le loro verità, un alto ideale che speravano di raggiungere con una tolleranza comprensiva.
L'unicità insita nella rivelazione sulla Terra del Cristo figlio di Dio nelle vesti umane di Gesù di Nazareth non veniva da essi compresa né ricono­sciuta.

Rudolf Steiner rispettava moltissimo il nocciolo di verità contenuto nell'antichissima saggezza orientale. Egli era però profondamente convinto che questi elevati tesori della tradizione proveniente dall'Asia non fossero in grado di sconfiggere lo spirito del mate­rialismo scientifico che domina oggi nell'umanità civilizzata. Per fare ciò non erano sufficienti la forza e la sostanza della Teosofia. Essa ebbe un certo peso, ai suoi tempi, poiché condusse alcuni "cercatori dello spirito" sulla loro via, nell'era del materialismo, ma, vista nel suo insieme, la saggezza orien­tale rappresenta per l'uomo europeo solamente la tentazione a non percorrere il proprio cammino fino in fondo. Noi “occidentali” abbiamo tutte le ragioni di riconoscere con vero rispetto l'elevatezza e le profondità spirituali della grandi opere della spiritualità orientale, ma esse non offrono tuttavia alcuna soluzione ai problemi che è nostro compito risolvere.
Rudolf Steiner rispettava l'Oriente, ma non si aspettava che da lì giungesse la soluzione ai problemi dell'Occidente.
Già l'8 ottobre 1902, Steiner, in occasione di una conferenza per l'Associazione Giordano Bruno, dichiarò apertamente, per la prima volta, quale sarebbe stato lo scopo di tutta la sua attività futura: «trovare nuovi metodi per lo studio dell'anima su base scientifica».
«Quella conferenza» egli disse «fu la mia conferenza antroposofica fondamen­tale». «II punto di partenza di tutto il mio futuro lavoro». Si può dunque dire che la sera dell'8 ottobre 1902 segnò l'origine dell'antroposofia.
A partire da quel momento la biografia di Rudolf Steiner é inseparabilmente unita all'impulso spirituale che allora chiamò spesso «teosofia», ma che ben presto denominerà «antroposofia» (dal greco «anthropos», uomo, e «sophia» saggezza). Questa definizione voleva significare una forte e più ampia coscienza interiore, grazie alla quale l'uomo può sperimentare se stesso coma cittadino di due mondi. A tale definizione aggiunse le parole: «é la coscienza dalla propria umanità».

Anche dai brani seguenti, tratti dalla autobiografia di Rudolf Steiner, questa realtà della sua esperienza nella Società Teosofica emerge con chiarezza.

pag. 327. “Il compito della scienza dello spirito è quello di appor­tare in consapevolezza, mediante la volontà di conoscenza, la esperienza delle idee al mondo spirituale. Allora il pensatore ha un contenuto animico che sperimenta come quello mate­matico; pensa come il matematico, ma non pensa in numeri o in figure geometriche, bensì in immagini del mondo spiri­tuale. E questo è, in contrapposizione all'antica conoscenza dello spirito semidesta e semisognante, «uno stare nel mondo spirituale pienamente coscienti».
Nella Società Teosofica non si poteva trovare un giusto rap­porto con questa moderna conoscenza dello spirito; si diffi­dava non appena la coscienza intera voleva accostarsi al mon­do spirituale. La piena coscienza era conosciuta solo per il mondo sensibile; non si aveva comprensione per lo sforzo di continuarne lo sviluppo fino all'esperienza dello spirito. In fondo, quello che si cercava era un ritorno all'antica coscien­za di sogno, soffocando la coscienza intera; (…) mancava cioè la possibilità di comprendere la forma moderna della conoscenza dello spi­rito. (…) non potei mai sentirmi a casa mia nella Società, per quel che riguardava la spiritualità che vi si coltivava. Mi ritrovavo volentieri in quegli ambienti so­cialmente parlando, ma l'atteggiamento delle anime di fronte allo spirito mi rimase estraneo".


cap. XXXIII e XXIV. “Per me, gli anni tra i1 1901 e il 1907 o il 1908 furono un pe­riodo durante il quale vissi con tutte le forze dell'anima sotto l'impressione dei fatti e delle entità del mondo spirituale che venivano a me. Dall'esperienza del mondo spirituale generale si svilupparono le conoscenze speciali. Molto si può sperimen­tare nel costruire un libro come Teosofia. Ad ogni passo cer­cavo assiduamente di rimanere in connessione col pensiero scientifico.”

cap. XXXV. “L'inizio della mia attività antroposofica cade in un'epoca nella quale in molti viveva un malcontento di fronte all'indi­rizzo della conoscenza nell'epoca immediatamente precedente. Si voleva trovare una via d'uscita dalla sfera d'esistenza nella quale ci si era circoscritti per aver dato valore di « sicura » conoscenza solo a ciò che poteva essere afferrato con idee mec­canicistiche. Questi sforzi di alcuni contemporanei per giun­gere ad una forma di conoscenza dello spirito mi toccavano molto da vicino. Biologi come Oscar Hertwig, che aveva co­minciato quale discepolo di Haeckel, ma aveva poi abbando­nato il darvinismo perché gli impulsi che questo riconosce non spiegavano a suo parere lo sviluppo organico, erano uo­mini nei quali mi si rivelava l'aspirazione conoscitiva del tempo.
Ma su tutte queste aspirazioni sentivo gravare come un pe­so. La credenza che si dovesse considerare come sapere solo quanto si può investigare nel regno dei sensi secondo misura, numero e peso, dava origine a quel senso di oppressione. Non si osava esplicare un pensiero interiormente attivo per sperimentare con esso la realtà più intimamente di quanto non la si sperimenti coi sensi. Si constatava che coi mezzi adoperati fino ad allora per spiegare anche le forme superiori della realtà - ad esempio le forme organiche - non si andava avanti; ma quando si trattava di giungere a qualcosa di positivo, e di spiegare che cosa operi nell'attività vitale, si navigava nelle nebbie di idee indeterminate.
In coloro che pur cercavano di evadere dalla spiegazione meccanicistica del mondo mancava per lo più il coraggio di ammettere che, volendo superare questo meccanicismo si do­vessero anche superare le abitudini di pensiero che ad esso hanno condotto. Non si riusciva a far la seguente confessione che sarebbe stata oltremodo necessaria: «Orientandoci se­condo i sensi, si penetra in ciò ch'è meccanico; nella seconda metà del secolo XIX ci siamo abituati a questo orientamento; ma ora, mentre si constata che l'orientamento meccanicistico non appaga, non si dovrebbe voler penetrare con questo stesso orientamento in sfere superiori?I sensi nell'uomo si svilup­pano da sé; ma con quello che si dànno in tal modo da sé, non si potrà mai guardare altro che il lato meccanico delle cose. Se si vuol conoscere di più, occorre formare per virtù propria quelle forze di conoscenza che giacciono più nel profondo: così come la natura forma le forze dei sensi. Le forze che dàn­no la conoscenza di ciò ch'è meccanico sono deste di per sé; quelle idonee a scoprire le forme superiori della realtà devo­no venire risvegliate”.


In Rudolf Steiner le aspirazioni che lui stesso descrive in questi brani autobiografici, furono sempre deste e le ritroviamo in ogni aspetto della sua opera, fin da quelle scritte tra gli anni ’80 e ’90 del XIX secolo, ben prima di presentarsi pubblicamente e tanto più di avere contatti con gli ambienti teosofici. L’antroposofia e la vita di Rudolf Steiner, in ogni suo aspetto biografico, sono due realtà assolutamente inseparabili.